Guardate che la mente umana è ben strana!
Presumo
che lei mi stia chiedendo di che taglia e/o colore mi servano i
leggings che sto cercando, eppure io riesco solo a osservare quel
particolare. Quel fastidioso, sgradevole particolare.
La
commessa, una donna sulla cinquantina dalla faccia slavata e con una
voce stridula alla Vanna Marchi, ha la rara capacità di articolare
suoni di senso compiuto senza smettere di masticare, rumorosamente
e con la bocca ben spalancata, un povero, innocuo cicles.
Incurante
degli sguardi omicidi che le saetto, lei rumina, rumina, rumina e di
tanto in tanto ha pure l'ardire di far scoppiare delle microbolle
(roba che io nemmeno a otto anni... altrimenti mother Angel, a forza
di schiaffoni, mi faceva girare la testa stile Minipimer funzione
turbo, perché «Non è educazione, Elisabetta!») che, se possibile,
producono un suono ancor più fastidioso della sua ritmica
masticazione.
Il
pensiero, certe volte, è proprio come un bambino piccolo che si
aggira in cucina nelle vicinanze del secondo cassetto dall'alto
(luogo dove, nove su dieci, le famiglie tengono le posate). Più gli
ripeti «Gioia, non aprirlo... è pericoloso, ci sono i coltelli, ti
puoi far male» e più lui, gira e rigira, sempre lì ritorna, ti
guarda incurante dell'ammonimento e lo apre.
Ecco:
stessa cosa con la commessa.
Più
mi sforzavo di concentrarmi sull'acquisto, più riuscivo a vedere
davanti a me solo la mucca del cioccolato Milka intenta a
sbocconcellare fieno.
Nella
speranza di riuscire a distogliere l'attenzione dalla causa di tanta
seccatura, mi chiedo: E
io? Chissà se pure io ho tic, più o meno involontari, tritanervi
per il prossimo come l'ipercinetica mandibola della signora?
Al
che mi torna in mente la classifica, stilata dal sito Dailybest,
delle 32
cose che facciamo in continuazione senza mai accorgercene.
Tipo?
Tornare
immediatamente indietro per rileggere una email pochi secondi dopo
averla spedita (ed immancabilmente notare qualche errore grossolano
e/o di aver dimenticato di scrivere qualcosa).
Mentre
si legge un libro o il quotidiano, iniziare a pensare ai fatti propri
ma rendersi conto solo tre pagine dopo di aver perso il filo.
Iniziare
a camminare, nel corso di una lunga telefonata, avanti e indietro.
Far
partire la musica in riproduzione casuale, per poi saltare ogni
canzone fino a quando non si trova proprio quella che, in fondo in
fondo, si voleva ascoltare sin dall'inizio.
Sorridere
al cane che si incontra per strada, ignorando completamente il suo
padrone (se però a tenerlo al guinzaglio c'è Tom Ford – lo so...
lo so che è gay... per me rimane comunque fighissimo a prescindere
dai suoi gusti sessuali – il mio occhio è legittimato a salire).
Dal
sito justdog.it
|
Quando
si è da mezz'ora in un negozio e si realizza che non c'è niente di
interessante da acquistare, si inizia a diventare paranoici e ci si
convince che la security ci tenga d'occhio credendoci degli abili
taccheggiatori stile Winona Ryder.
Innervosirsi
quando il parrucchiere cerca a tutti i costi di intavolare una
conversazione con noi (a meno che non sia un degno epigono di Zohan).
Adam
Sandler nelle vesti del parrucchiere Zohan / Scrappy Coco
|
Dimenticarsi
immediatamente il nome della persona che si è appena presentata.
Impostare
l'orario della sveglia prima di quanto necessario, in modo da poterla
ritardare almeno due o tre volte (svegliando il coniuge che ti dorme
al fianco... vero Rose?).
Durante
uno spostamento in auto iniziare a considerare le altre macchine come
compagni di viaggio e venire assaliti da un senso di tristezza quando
si deve pagare il pedaggio e uscire dall'autostrada.
Celo,
celo, celo.... A rientrare nella lista dei “manca” solo gli
ultimi tre punti.
Ora,
con tutta la buona volontà: vogliamo mettere una delle voci
dell'elenco di cui sopra a confronto col disturbo compulsivo della
commessa?
Senza
calcolare poi che il rischio di trasformarsi in Ruttolomeo del
film “Balle Spaziali” è dietro l'angolo...
Quindi,
tirando le fila del discorso, in un afflato di generosità, mi
rivolgo direttamente a te “MucCommessa”: se non
riesci a masticare con la bocca chiusa per ottemperare alle norme
della buona educazione di monsignor Della Casa, buonanima, e
se non lo vuoi fare per la mia sanità mentale circoscritta ai
dieci minuti di permanenza nel tuo negozio, fallo almeno per le
inappuntabili ragioni che spiega la dottoressa Graziani, ricercatrice
all'Istituto di scienze dell'alimentazione del Consiglio nazionale
delle ricerche ad Avellino: «Quando si mastica o si parla con la
bocca aperta si ingerisce aria, con inevitabili effetti poco
decorosi come eruttazioni e singhiozzi».
Hai
capito, cara la mia Barney Gumble del commercio locale?