Alla
fine non mi rivolge più la parola.
Lei.
A
dire il vero, non so nemmeno il motivo.
Fatto
sta che se mi incontra, cambia strada.
Lei.
Cose
da non credere!
Lei.
Quella
che si auto definiva “migliorissima amica”.
Diffidare
dei superlativi
assoluti!
Ma
di che meravigliarsi? Mi risulta sia una tipologia diffusa: chi non
ci ha fatto i conti almeno una volta in vita sua?
E
poi si sa, rapportarsi con una potenziale amica è un po' come
trovarsi davanti una Louis
Vuitton:
c'è un'alta probabilità sia tarocca.
Ma
non generalizziamo: limitiamoci a osservare questa categoria.
Le
esponenti della specie “migliorissima amica” (se a questo punto
vi sembra di sentire in sottofondo l'Aria sulla Quarta Corda e
Claudio Capone – voce storica dei documentari naturalistici –
parlarvi della stagione dell'accoppiamento del tricheco fulvo,
tranquilli: va tutto bene! Rientra nel taglio da divulgatore
scientifico, un po' alla Quark,
che vorrei dare all'analisi che segue, giusto per non sembrare troppo
coinvolta nell'invettiva) sono quelle che, matita
rossa e blu alla mano,
passano alla moviola ogni tuo singolo respiro e poi se la prendono se
al quinto «Ma perché non fai così?» o «Ma perché non fai
cosà?», rispondi «Ma perché non ti fai i cazzi tuoi?» (e sotto
sotto ti senti anche in colpa che ti sia scappata la frizione perché,
dai, si sa: siamo
un po' tutti fenomeni con la vita degli altri).
Sono
quelle che si offendono se non vai alla trigesima del prozio ma non
alzano il telefono per sapere l'esito dell'istologico.
Sono
quelle che guardano con
occhi invidiosi i tuoi progetti, vedendo
in te quello che non hanno avuto il coraggio di diventare loro.
Quelle
che ti ammorbano con i problemi digestivi del loro gatto,
noncuranti del fatto che a te al solo sentire «Miao» venga la
psoriasi, ma sono colte da disturbi afasici ad articolare un «Come
stai?» quando ti sanno a letto con 39
di febbre.
Quelle
che quanto a cucina e figli dispensano consigli che nemmeno
Cannavacciuolo
e tata
Lucia,
facendoti sentire un'inetta, nonostante loro ai fornelli sappiano
fare a mala pena una frittata e di pargoli non ne abbiano nemmeno uno
(ma questo tu, che sei una signora, ti guardi bene dal farglielo
notare).
Quelle
tutte «Io ci sarò sempre» e «Io non ti tradirò mai», senza
calcolare che i
manifesti programmatici
così pretenziosi di solito partono
in tromba ma poi finiscono in vacca.
Quelle
che si chiudono una immaginaria cerniera sulle labbra e «Ti giuro
che questa cosa non uscirà di qui» ma dopo qualche giorno scopri
che la zip si deve essere rotta perché la metà delle persone che
conosci sa proprio quello che non avrebbe mai dovuto sapere
(d'altronde lo si legge anche nei Promessi Sposi che “una
delle più grandi consolazioni di questa vita è l'amicizia”,
peccato però che il Manzoni
– che ci vedeva lungo – lo dicesse con ironia come la
considerazione di due righe più sotto dimostra: “Quando un amico
si procura la consolazione di deporre un segreto nel seno d'un altro,
dà a costui la voglia di procurarsi la stessa consolazione anche
lui”).
Le
“migliorissime amiche” sono quelle che ti stanno accanto con
commovente abnegazione quando la vita è un
soggiorno all inclusive in un Club Med alle Maldive
ma che quando annaspi immerso in un mare marrone (che non è
cioccolato) ti piantano senza troppe remore come
una carota nell'orto,
quelle che davanti sono tutte sorrisi e complimenti ma appena ti giri
usano la tua schiena come un
bersaglio colorato
contro cui lanciare senza ritegno le loro appuntite freccette.
Ah,
le “migliorissime amiche”. Dovrebbe esserci un
girone infernale
di tate Lucie che brandiscono pargoli urlanti tra vomito di gatto
mentre Cannavacciuolo prepara frittate marroni (no: dentro non c'è
cioccolato!), per le “migliorissime amiche”.
Perché
nelle vite degli altri si deve entrare
in punta di piedi,
chiedendo “Permesso” e “Per favore”, magari portando un
fiore, di certo non il tuo cassonetto dell'immondizia.
Senza
sventolare superlativi assoluti come se fossero vessilli di
dedizione.
Al
massimo con la predisposizione d'animo di voler condividere con
l'altro i
punti esperienza
che fino a quel momento hai accumulato nel tuo percorso.
E
sarebbe già tanta roba.
Così
quando, stanca di questi rapporti asimmetrici, giungi alla
conclusione che in fatto di amicizie la
sfortuna
non ti ha baciata in fronte, no no no, ti
ha proprio limonato
duro per ore,
ecco che arriva lei, capelli biondi legati in una coda
stropicciata, sguardo disincantato e il
passo svelto che sembra una dichiarazione di guerra al mondo.
Ok, non ci sono le margherite (in compenso però le cacche sì) ma dove andavo a fotografare un campo con entrambi gli elementi alle sei e mezza di sera? |
Lei non usa “mai”,
non usa “per sempre”.
Non è da proclami
altisonanti né una che ragiona alla Branduardi ne “Alla fiera
dell'Est”.
Ma è una che va dritta
al punto, senza troppi ricami.
Una che parla dei tuoi
sogni usando il plurale.
Una che ti espone le
sue osservazioni senza appesantirle coi giudizi.
Una che se le emozioni
fossero una torta al cioccolato, non userebbe forchetta e
coltello ma se la mangerebbe con le mani, contenta di sporcarsi pure
la faccia.
Una che ti sa far
vedere un cielo azzurro anche quando diluvia.
E
allora non ti importa più delle Louis Vuitton taroccate (anzi, per
dirla tutta: che siano benedette anche quelle se ti sono servite ad
allenarti gli occhi!).
Smetti
di recriminare e ti concedi un'altra possibilità.
Con
lei te la senti di affrontare questa passeggiata in aperta campagna
tra
cacche di mucca e margherite,
che è la vita, perché accanto sai di avere una
che fa concentrare la tua attenzione sulle seconde mentre lei
indirizza la sua a non farti pestare le prime.