lunedì 21 maggio 2012

ANCHE I SERVI DELLA GLEBA PRIMA O POI SI INCAZZANO

Talvolta credo davvero di essere una calamita umana di sventure.
E non venitemela a raccontare che nella vita tutto torna, che chi semina vento raccoglie tempesta e che tutti i salmi finiscono in gloria.
Bla, bla, bla.
Avete presente la canzone di Elio, vero?
Sì, parlo di “Servi della gleba” e soprattuto della frase «lei è il mio piccione ed io il suo monumento», applicabile non solo al rapporto uomo / donna ma direi a tutte le relazioni interpersonali che ciascuno di noi può allacciare nel corso della sua vita. Voglio dire: potenzialmente possiamo diventare il piccione o il monumento di chiunque, dal partner all'amico, dal capo al collega di lavoro. E non sempre la cosa si traduce in una esperienza esaltante. Anzi.
Vi parlo della mia di esperienza e vi racconto di “Miss Piccione” (e va da sé che nella storiella che vi sto per raccontare a me sia toccata la parte del monumento).
Miss Piccione in gran spolvero
Per strani casi della vita, qualche anno fa, con questo amabile (è detto in senso ironico, ovviamente) personaggio si è instaurato un sodalizio lavorativo che, come quasi sempre accade, all'inizio sfiorava l'idillio e io, proverbialmente incapace a “decifrare” i miei interlocutori, la vedevo quasi come una Madonna (non nel senso della cantante): finalmente sul mio percorso, una persona che aveva capito il mio potenziale e che aveva deciso di sfruttarlo in maniera adeguata!
Sì, sì... il mio potenziale l'aveva capito e l'ha pure sfruttato. Ma in maniera adeguata PER LEI. Ora, non scendo nei dettagli ed eviterò di deliziarvi raccontandovi gli epiteti con cui venivo chiamata o gli episodi mortificanti che mi hanno visto protagonista, bontà sua: la responsabilità è di Miss Piccione fino a un certo punto. Cioè: posto che nessuno dovrebbe permettersi di trattare il prossimo come se fosse uno zerbino (ma questo sta all'intelligenza del singolo), toccava a me mettere dei paletti da non oltrepassare e far rispettare quel divieto d'accesso.
Il transito di Miss Piccione...
Avete presente la scena di Pasquale (aka Lino Banfi) nelle vesti di cameriere nel film “Vieni avanti cretino”? Ecco, lei era simile al rude titolare del bar, il signor Gargiulo, che chiariva efficacemente la sua intolleranza nei confronti degli errori con questo edulcorato ammonimento: «Arricordate ’na cosa. Io me chiamo Salvatore Gargiulo e se tu te sbagli 'na comanda, io te rompo er...».
Lei era uguale, uguale, uguale.
Ebbene sì: esistono anche nella realtà (e non solo nella finzione cinematografica) persone così, che, per nascondere – in primis a se stessi – le proprie frustrazioni e debolezze, fanno la voce grossa e godono nel prendersela con chi incassa in silenzio.
Il problema è che io non sono mai stata una remissiva ed il fatto che avessi accettato per un certo lasso di tempo quella parte da serva della gleba, non significava che avrei sopportato in eterno. Era quindi inevitabile che prima o poi si arrivasse allo scontro diretto. Ma questa è un'altra storia.
Nella pagina facebook di questo blog (ecco, tra parentesi: questo blog da pochi giorni ha anche una pagina facebook, quindi non avete più scuse per NON fiondarvi nel cassonetto!) si disquisiva con la geniale Claudia, dispensatrice di saggi consigli sui prossimi argomenti da affrontare, sull'importanza di essere ironici e lei se ne è uscita con questa grande verità: «Gli anni della scuola sono stati molto utili perché mi hanno aiutato a capire che di solito chi ti prende di mira è molto più sfigato di te».
Ecco: mi piace pensarla così. Che la mia Miss Piccione sia una tale poveretta che nella sua inutile vita non trovi maggiori soddisfazioni che accanirsi contro il capro espiatorio di turno.
E concludo prendendo spunto dalla testimonianza di Elisa che, sempre sul nostro blog, racconta di non aver avuto il coraggio di confessare alla sua ex migliore amica – da lei “definita elemento poco stabile” – di non avere i suoi stessi gusti per non urtarne la suscettibilità.
Che senso ha autovietarsi di essere se stessi per compiacere qualcuno? Non ne vale la pena!
Morale della favola: cercate di non lasciarvi mai mettere i piedi in testa... anche perché l'alternativa b è quella prospettata da Elio sul finale della canzone citata (che per chi non la conoscesse, termina con la provocatoria proposta: «Cosa devo fare? Mi vuoi mettere una scopa in culo così ti ramazzo la stanza?»).
A voi le conclusioni...

N. B. = Vorrei soffermare la vostra attenzione sull'apparato iconografico di questo post e soprattutto sui casi della vita: trovare la foto di un piccione era cosa semplice, quella del monumento scagazzato era impresa un po' più problematica tanto più che in questi giorni qui diluvia che è un piacere (e poi il soggetto, per esemplificare il concetto espresso nel post, mi sembrava un po' banalotto). Ma mentre sei lì che pensi ad una soluzione, vai a ritirare un pacco in posta cinque – minuti – cinque e al tuo ritorno ti ritrovi Camilla (che è la mia macchina) conciata così. Era destino che oggi scrivessi questo post!

lunedì 7 maggio 2012

IL SENATO, RADIO 105 E IL SAMBODROMO INSIDE



«La sua soddisfazione è il nostro miglior premio», ripeteva ossessivamente quell'esaurito del dottor Tomas al povero Pasquale Baudaffi (aka Lino Banfi) in un film cult degli anni Ottanta, “Vieni avanti cretino”. Ma, a pensarci bene: non sarebbe più corretto dire la NOSTRA soddisfazione, che quella di terzi?
Nell'ultimo post abbiamo parlato di tutti gli aspetti negativi del mio e del vostro lavoro... tra l'altro: complimenti, gente! Leggendo i commenti, è stato impossibile non constatare che non vi siete affatto risparmiati nel descrivere minutamente tutti i “contro” della vostra professione, tant'è che ho addirittura rivalutato le mie pergamene!
Sì, ma: mica dobbiamo soffermarci solo sulle menate... ogni tanto possiamo anche concederci il lusso di parlare di cose belle!

Ale Cattelan, la Betta e Gil Giunti, a Radio 105 (30 aprile 2012)
E allora facciamolo alla grande e buttiamoci sui ricordi.
Anche se stenterete a crederci abituati a leggermi in queste vesti “cazzare”, nel 2007 sono finita in Senato per una biografia che aveva riscosso un discreto successo (ci sono le foto in rete... non mento!). C'erano un delirio di personalità, giornalisti, politici e pure le telecamere della RAI, io ero reduce da tre notti in bianco per l'ansia (e cioè spiega il mio look sullo sfatto andante, roba che in confronto Morticia apparirebbe più spumeggiante e variopinta) e non mi ero preparata nemmeno trenta secondi di discorso nella convinzione che con tanti ospiti illustri, la sconosciuta autrice non sarebbe stata considerata nemmeno pagando. E invece quel pomeriggio del 4 maggio mi ha ricompensata di anni ed anni di sacrifici – fatti di domeniche e nottate passate a lavorare, compensi mai ricevuti, “Direttori Galattici” incapaci con validi “coglionazzi” (o presunti tali) sotto di loro... insomma un ambiente lavorativo ai limiti del surreale rispetto al quale la Megaditta di fantozziana memoria (sempre per restare in tema) sarebbe apparsa il paradiso terrestre – a dimostrazione che, se uno persevera, alla fine il momento del riscatto arriva.
Di tutt'altro genere (ma molto più esaltante, anche perché ha inaugurato una nuova fare esistenziale), l'esperienza radiofonica a 105 da Ale Cattelan: dopo due appuntamenti, non ho ancora realizzato che sia successo davvero... anche perché avevo un tale carnevale di Rio dentro, che tra tamburi, parate di ballerine e costumi variopinti ancora devo finire di ramazzare e risistemare il sambodromo!
E giusto per fare talvolta anche una chiosa seria, prendo spunto da questa esperienza per dirvi che non è mai troppo tardi per dare inizio a una sorta di new deal nella propria esistenza... certo, ci vuole una buona dose di coraggio (o incoscienza, a seconda dei punti di vista) ma se pensate che un ambito della vostra vita vada cambiato, non vi resta che prendere in mano la situazione e rivoltarla come un calzino uscito dalla lavatrice. Per dare una virata secca alla mia rotta lavorativa ho rischiato più volte di giocarmi pure l'imbarcazione sulla quale stavo – toma toma, cacchia cacchia – veleggiando. Ma se è un cambiamento che sentite necessario e in cui credete, prima o poi verrete ricompensati, anche se – è inevitabile – ci si deve fare un tombino non indifferente per raggiungere il risultato che ci si prefigge!
E voi? Raccontatemi il lato positivo del vostro lavoro... Dai, non ci credo che non ce ne sia nemmeno uno. E per far sì che vi sforziate a trovarlo, termino così come ho iniziato, citandovi un'altra perla cinematografica e cioè lo scambio di battute tra il dottor Frederick ed Igor in “Frankenstein Junior”.
«Che lavoro schifoso!» esclama il primo, uscendo da una fossa e scansando una tomba.
«Potrebbe essere peggio», lo corregge Igor.
«E come?» domanda il dottore.
«Potrebbe piovere»... e ovviamente inizia a diluviare!

P.S. = Per tutte quelle attente fashion victims che me lo hanno chiesto o se lo stanno chiedendo, bèh sappiate che se volete la camicetta gialla di Sud che vedete nella foto (e molto altro ancora), dovete farvi un giro da “Kika”, nel fantastico negozio di Monica e Cristina a Biella, in via Vescovado 18!