giovedì 4 dicembre 2014

THE PRINCE CHARMING IS DEAD


Come ogni anno, arriva dicembre e in televisione, su Internet, nei giornali è tutto un fiorire di suggerimenti in vista del Natale: il regalo perfetto, il menù perfetto, l'abbigliamento perfetto, il decoro perfetto...
Tralasciando il fatto che di carattere sono sempre stata un bastian contrario, in me tutti questi saputelli in cerca della sedicente perfezione che dispensano consigli suscitano lo stesso interesse di una televendita di penne magiche... vi ricordate quelle che avrebbero dovuto servire per eliminare i graffi sulla carrozzeria dell'auto?
Tutta questa amena premessa per avvisarvi che se oggi state per leggere un post sull'ammore, potrebbe essere che il 14 febbraio disquisiremo di abeti e presepe.
Conoscendo la mia propensione per gli argomenti da Commedia Umana, la mia amica Margie qualche giorno fa mi ha inviato un articolo apparso su un settimanale newyorkese dal titolo “The prince charming is dead”.
 

Tutto subito mi sono chiesta: ma siamo poi così sicuri che sia passato a miglior vita? Non è che magari il Principe Azzurro è solo in terapia intensiva?
Poi però, dopo aver letto la ricerca della psicologa a stelle e strisce, mi sono domandata: ma non è che, se 'sto disgraziato è morto, alla fine della fiera la colpa è anche un po' nostra?
Nell'articolo si sostiene infatti che noi donne siamo assolutamente convinte di riuscire a trasformare un ranocchio in principe – che, fuor di metafora, vorrebbe dire redimere un uomo problematico rendendolo un compagno felice – perché la nostra cultura sentimentale è stata inquinata da modelli sbagliati che ci spingono a cercare senza sosta l'happy ending delle favole.
Al che, mi sono venute alla mente tre letture davvero illuminanti in questo senso.
Durante una mia recente degenza ospedaliera, un'anima pia, sapendo del mio odio per i fiori (che per altro avevano già saturato la stanza), ha fatto cosa buona e giusta venendomi a trovare con in dono tre libri: “Vogliamo la favola”, “Sdraiami” e “La ballata delle prugne secche”.
Simona Siri, Berarda Del Vecchio e Pulsatilla hanno fotografato così bene quello che è stato anche il mio passato sentimentale che non saprei usare parole migliori delle loro per sintetizzare il mio pensiero in materia.
«È colpa di tutte le coppie da sogno che hanno popolato la nostra immaginazione fin dalla tenera età, non importa se reali o inventate, se cinematografiche o letterarie, se in carne e ossa o fatte a cartone animato – sostiene Siri – se la nostra vita sentimentale si è nutrita di aspettative troppo alte».
D'altronde nell'Era Preistorica dell'Arte Amorosa tutto era più semplice: anche un semplice contatto fisico era sufficiente a farti venire la pelle d'oca e il fiato corto. Poi però – spiega Del Vecchio – le cose progressivamente si aggrovigliano e nell'età adulta si arriva a collezionare una serie di fregature, mezze storie, fidanzamenti improbabili, insomma relazioni con personaggi che «neppure Darwin, buonanima, li avrebbe voluti nella sua tenace ricerca dell'anello mancante fra l'Uomo e le scimmie bonobo»: dall'Uomo-verme a quello che ti fa vivere sotto un treno di cazzate e rimpianti, dal super-paraculo col botto al maschio che riesci a reggere solo se hai «un fisico da fondista, una mente da stratega, una presenza di spirito da comico e un pelo sullo stomaco da bestia» passando per quello che «ha quarant'anni, ne dimostra cinque di meno fisicamente, venti di meno psicologicamente, quaranta di più mentalmente. Con lui non sai mai se stai parlando con il Saggio della Montagna o con l'Adolescente Coglione, ma certo non riesci mai a parlargli di te».
E tutto questo perché «noi donne siamo geneticamente programmate per accettare ogni tipo di bugia e cazzata da uno che ci piace. Anzi, pare che nella mappatura del genoma della femmina dell'Homo Sapiens, il cromosoma accètta-fregnacce [...] sia uno dei più antichi insieme a quello perdona-stronzi e a quello ama-e-soffri».
Dello stesso avviso, anche Pulsatilla: se ci si para davanti non un pallista normale, ma addirittura un campione mondiale di pallismo, che facciamo noi? «Trotterelliamo ingenuamente verso di lui come Cappuccetto Rosso nelle fauci del lupo».
Morale: nove uomini su dieci si rivelano un disastro, una catastrofe ecologica... d'altronde un motivo deve pur esserci se «gli italiani sono un popolo a crescita zero in via di estinzione».

Poi però, quando meno te l'aspetti, quando pensi che rimarrai zitella fino alla fine dei tuoi giorni (a meno che tu non decida di optare per il Trono Over di Maria, dove sai che, mal che vada, ci sono sempre Giuliano e Antonio J. ad attenderti), arriva uno di quegli accadimenti inaspettati che ti cambia la vita. E allora, dopo aver attraversato una valle di lacrime fatta di uomini deludenti – come già ho avuto modo di confessare nel primissimo post di questo Bloganche io il mio Ciop, il mio Shiro, il mio Raimondo, insomma la mia metà della mela alla fine l'ho trovata.
E come si capisce che lui è proprio Lui?
Personalmente ho avuto non dico un vago sospetto, ma proprio la matematica certezza di avere di fronte la nemesi di tutti i miei precedenti naufragi sentimentali quando guardandolo ho sentito che quello scambio di battute tra Jade e David in “Amore senza fine”, che mi era sempre sembrato di una stucchevolezza nauseante, combaciava alla perfezione con quello che sentivo.
Già perché se alla domanda «Cosa faresti se io morissi?», vi viene da rispondere «Morirei anche io», allora col cavolo che il Principe Azzurro è morto, con buona pace delle ricerche della psicologa americana!