Dopo settimane di
silenzio, voi vi aspettate che io torni all'ovile sfornando un
aneddoto vacanziero.
Infatti.
D'altronde è un
classico: vi sarà capitato il collega logorroico che vi strema
con le foto della sua coast to coast negli States, la cugina / la zia
/ la cognata che vi asfaltano con dettagli imperdibili su quanto era
buona la 'mpepatella di cozze mangiata nel ristorante tal dei tali a
Posillipo, la parrucchiera che vi illustra con dovizia di particolari
le discoteche della riviera romagnola da lei diligentemente
battezzate. Tutte informazioni senza le quali, francamente, la vostra
vita non è più la stessa.
E voi lì a studiare
qualche scusa plausibile per sottrarvi all'irrefrenabile eruzione
aneddotica del vostro interlocutore.
Ma il mio, di aneddoto,
non rientra nelle suddette categorie e non è nemmeno di quelli tipo:
ho sentito il mio vicino d'ombrellone sussurrare le peggio cose al
telefono con l'amante (per quanto, giusto per restare in tema,
sappiate che ho letto i vostri appelli onde fare nel cassonetto anche
una succursale hot e vi dico che... ebbene sì, avete vinto. Complici
le quantecavolosono sfumature di nero/grigio/rosso, vi è venuta a
tutti una gran voglia di parlare di sesso e dintorni e vi pare
che la vostra Betta lanci il sasso e nasconda la mano? Provvederò,
promesso!).
Ferragosto. Dopo una
giornata passata al sole, tra gavettoni, tuffi, parole crociate,
gelati e grigliata, qualcuno se ne esce con una proposta
irrinunciabile: «Partitona a Monopoly?».
Certo che sì.
L'immarcescibile Monopoly |
Premetto: sin da
piccola ho sempre avuto un debole per i giochi di società.
Ascoltavo con attenzione le regole, sceglievo la mia pedina con cura,
mi esibivo in due o tre riti scaramantici sentendomi poi talmente
carica da arrivare addirittura a proporre agli altri concorrenti di
giocare a soldi.
Ho sempre avuto solo un
grande difetto: non ho mai saputo accettare le sconfitte e quindi,
quando capivo che tirava una brutta aria, elaboravo un piano B di
salvataggio del mio onore.
In altre parole:
baravo.
Era più forte di me.
Che si trattasse di rubamazzetto o di una partita a biglie sulla
spiaggia, del Gioco dell'Oca, di Indovina Chi? o di Hotel, non potevo
tollerare di non accaparrarmi il montepremi (ben poca cosa, va
detto...) o anche solo il vanto di essere la vincitrice e quindi in
genere ricorrevo a uno dei seguenti tre stratagemmi:
1.) Fingevo un malore
(nulla di grave... un attacco di dissenteria in genere era
l'opzione più gettonata) che costringeva gli altri partecipanti al
gioco (di solito papà Walter e mother Angel) a rinviare la partita a
data da destinarsi (in genere trenta minuti erano sufficienti per
vedermi ricomparire in splendida forma).
2.) «Etchiù!»...
simulavo un starnutone così potente da riuscire a confondere
le pedine dei miei avversari (confidando nel fatto che non avessero
una memoria così buona da ricordare dove fossero collocate).
3.) Approfittavo di
una distrazione del mio avversario per spostargli la pedina,
sotterrargli le biglie o curiosare quale carta del mazzo sarebbe
toccata dopo.
«Bambino? Guarda l'obiettivo che nel frattempo io ti nascondo la biglia, dai!» |
Se questo accadeva
quando avevo otto anni... figurarsi adesso, che con gli anni mi
son fatta più scaltra!
Il problema però è
che pure i miei avversari, agguerriti quasi quanto me, non scherzano.
Giocano pulito, ok, ma non sono più accondiscendenti come lo erano
babbo e mamma, pronti a chiudere un occhio (anzi, entrambi) e a
lasciarmi vincere. Oggigiorno, porco Giuda!, ogni mio tentativo di
baro viene puntualmente stanato.
Tipo la partita a
Monopoly ferragostana (dalla quale ho appreso un assioma da tenere
bene a mente: mai farne una col Rose!)... Pronti via, gli altri due
si erano già accaparrati (forse grazie agli studi bocconiani) Parco
della Vittoria – Viale dei Giardini e Largo Augusto – Corso
Impero – Via Roma mentre io non ero riuscita ad andare più in là
di una misera casetta su Vicolo Corto e al terzo giro ero già piena
di ipoteche, senza soldi e con un broncio che non prometteva nulla di
buono!
E voi? Siete tutti
fedeli adepti del barone de Coubertin e sapete incassare
elegantemente le sconfitte o, in tali circostanze, vi scappa la
frizione (come alla Betta) e date il peggio di voi?
PiEsse
= Affinché voi non pensiate di stare a leggere un post scritto da
una seria filologa con l'animo da imbrogliona, manco fossi una sorta
di Richard Marcus
in gonnella, sappiate che i miei trucchetti per infinocchiare gli
avversari sono sempre stati bizzarri e ingegnosi ma alquanto goffi,
tanto da venire puntualmente smascherati senza troppo impegno,
suscitando una risata generale!
…
Mica ora starete
pensando di leggere un post scritto da un baro donna maldestro,
scaltro quanto
Stanlio e Ollio messi insieme?
Mi sa che sono passata
dalla padella alla brace e dalla brace all'altoforno!