Come
ogni anno, arriva dicembre e in televisione, su Internet, nei
giornali è tutto un fiorire di suggerimenti in vista del Natale: il
regalo perfetto, il menù perfetto, l'abbigliamento perfetto, il
decoro perfetto...
Tralasciando
il fatto che di carattere sono sempre stata un bastian contrario,
in me tutti questi saputelli in cerca della sedicente perfezione che
dispensano consigli suscitano lo stesso interesse di una televendita
di penne magiche... vi ricordate quelle che avrebbero dovuto servire
per eliminare i graffi sulla carrozzeria dell'auto?
Tutta
questa amena premessa per avvisarvi che se oggi state per leggere un
post sull'ammore, potrebbe essere che il 14 febbraio
disquisiremo di abeti e presepe.
Conoscendo
la mia propensione per gli argomenti da Commedia Umana, la mia amica
Margie qualche giorno fa mi ha inviato un articolo apparso su un
settimanale newyorkese dal titolo “The prince charming is dead”.
Tutto
subito mi sono chiesta: ma siamo poi così sicuri che sia passato a
miglior vita? Non è che magari il Principe Azzurro è solo in
terapia intensiva?
Poi
però, dopo aver letto la ricerca della psicologa a stelle e strisce,
mi sono domandata: ma non è che, se 'sto disgraziato è morto, alla
fine della fiera la colpa è anche un po' nostra?
Nell'articolo
si sostiene infatti che noi donne siamo assolutamente convinte di
riuscire a trasformare un ranocchio in principe – che, fuor di
metafora, vorrebbe dire redimere un uomo problematico rendendolo un
compagno felice – perché la nostra cultura sentimentale è stata
inquinata da modelli sbagliati che ci spingono a cercare senza sosta
l'happy ending delle favole.
Al
che, mi sono venute alla mente tre letture davvero illuminanti in
questo senso.
Durante
una mia recente degenza ospedaliera, un'anima pia, sapendo del mio
odio per i fiori (che per altro avevano già saturato la stanza), ha
fatto cosa buona e giusta venendomi a trovare con in dono tre libri:
“Vogliamo la favola”, “Sdraiami” e “La ballata delle prugne
secche”.
Simona Siri, Berarda
Del Vecchio e Pulsatilla
hanno fotografato così bene quello che è stato anche il mio passato
sentimentale che non saprei usare parole migliori delle loro per
sintetizzare il mio pensiero in materia.
«È
colpa di tutte le coppie da sogno che hanno popolato la nostra
immaginazione fin dalla tenera età, non importa se reali o
inventate, se cinematografiche o letterarie, se in carne e ossa o
fatte a cartone animato – sostiene Siri – se la nostra vita
sentimentale si è nutrita di aspettative troppo alte».
D'altronde
nell'Era Preistorica dell'Arte
Amorosa tutto era più semplice: anche un semplice contatto fisico
era sufficiente a farti venire la pelle d'oca e il fiato corto. Poi
però – spiega Del Vecchio – le cose progressivamente si
aggrovigliano e nell'età adulta si arriva a collezionare una serie
di fregature, mezze storie, fidanzamenti improbabili, insomma
relazioni con personaggi che «neppure
Darwin, buonanima, li avrebbe voluti nella sua tenace ricerca
dell'anello mancante fra l'Uomo e le scimmie bonobo»:
dall'Uomo-verme a quello che ti fa vivere sotto un treno di cazzate e
rimpianti, dal super-paraculo col botto al maschio che riesci a
reggere solo
se hai «un fisico da fondista, una mente da stratega, una presenza
di spirito da comico e un pelo sullo stomaco da bestia»
passando per quello che «ha quarant'anni, ne dimostra cinque di meno
fisicamente, venti di meno psicologicamente, quaranta di più
mentalmente. Con lui non sai mai se stai parlando con il Saggio della
Montagna o con l'Adolescente Coglione, ma certo non riesci mai a
parlargli di te».
E
tutto questo perché «noi donne siamo geneticamente programmate per
accettare ogni tipo di bugia e cazzata da uno che ci piace. Anzi,
pare che nella mappatura del genoma della femmina dell'Homo Sapiens,
il cromosoma accètta-fregnacce [...] sia uno dei più antichi
insieme a quello perdona-stronzi e a quello ama-e-soffri».
Dello
stesso avviso, anche Pulsatilla: se ci si para davanti non un
pallista normale, ma addirittura un campione mondiale di pallismo,
che facciamo noi?
«Trotterelliamo ingenuamente verso di lui come
Cappuccetto Rosso nelle fauci del lupo».
Morale:
nove
uomini su dieci si rivelano un disastro, una catastrofe ecologica...
d'altronde un motivo deve pur esserci se «gli italiani sono un
popolo a crescita zero in via di estinzione».
Poi
però, quando meno te l'aspetti, quando pensi che rimarrai zitella
fino alla fine dei tuoi giorni (a meno che tu non decida di optare
per il
Trono Over di Maria,
dove sai che, mal che vada, ci sono sempre Giuliano e Antonio J. ad
attenderti), arriva uno di quegli accadimenti inaspettati che ti
cambia la vita. E allora, dopo aver attraversato una valle di lacrime
fatta di uomini deludenti – come già ho avuto modo di confessare nel primissimo post di questo Blog – anche
io il mio Ciop,
il mio Shiro,
il mio Raimondo,
insomma la mia metà della mela alla fine l'ho trovata.
E
come si capisce che lui è proprio Lui?
Personalmente
ho avuto non dico un vago sospetto, ma proprio la matematica certezza
di avere di fronte la nemesi di tutti i miei precedenti naufragi
sentimentali quando guardandolo ho sentito che quello scambio di
battute tra Jade e David in “Amore senza fine”, che mi era
sempre sembrato di una stucchevolezza nauseante, combaciava alla
perfezione con quello che sentivo.
Già
perché se alla domanda «Cosa faresti se io morissi?», vi viene da
rispondere «Morirei anche io», allora col cavolo che il Principe
Azzurro è morto, con buona pace delle ricerche della psicologa
americana!