Qualche
post fa abbiamo parlato di vari comportamenti ossessivo –
compulsivi che ci portano a compiere, più o meno involontariamente,
una serie di azioni che, agli occhi degli allibiti astanti, possono
sembrare sciocche e senza senso.
Accanto
a quelli, ci sono poi dei piccoli rituali che guai a toccarceli,
parlo di quelle irrazionali fissazioni, quelle manie
scaramantiche che ti aiutano a dominare l'ansia e che forse
rasentano il patologico ma diciamoci la verità: sono un po' come
l'oroscopo. Nessuno ci crede, ma intanto, poco o tanto, uno ne rimane
suggestionato.
...FACENDO CORNA! |
I
bambini, si sa, sono delle spugne e io fin dai quattro anni ero
particolarmente incuriosita da certi discorsi che la nonna Caterina –
detta nonna Cata – sviluppava con la figlia, cioè mother
Angel. Se alla Cata – che proveniva da un paesino sperduto
della Locride evidentemente poco toccato dal progresso
illuminista – capitava di sognare uova o, peggio ancora,
denti e uva ci sarebbero state presto liti o morti in
famiglia, se le batteva in maniera incontrollata “l'occhiu malu”
la sventura era dietro l'angolo (notizia che veniva anticipata da un
allarmistico: «Focu meu, figghia, faciti attenzioni: mi battiu
l'occhiu malu!»), se invece a battere era “l'occhio bonu”
erano in arrivo liete novelle ma il suddetto occhio non batteva mai
ed anche qui, capire quale fosse quello “malu” e quello “bonu”
era un'impresa perché cambiavano sempre, a volte il destro, a volte
il sinistro... a seconda dell'estro del momento.
E
a proposito di occhi, bisognava tenerli bene aperti in cucina: guai
se ti cadeva la bottiglia dell'olio o il barattolo del sale. Tale
disattenzione era foriera di un nutrito elenco di inenarrabili
sfighe.
Quindi,
tutto sommato è ancora andata bene a Mr. Rose se in questo
mare magnum di influenze negative, menagrami e malocchi, io
sono rimasta fedelmente devota “solo” alla superstizione del
gatto nero. Il problema è che noi abitiamo in una strada poco
frequentata e se ti attraversa il quadrupede, la Cata insegna che si
debba attendere il sopraggiungere di una macchina in senso contrario.
Aspetta cinque, aspetta dieci, aspetta quindici minuti, quella sera
il buon Rose, esasperato, ha raggiunto casa a piedi. Io ci sono
arrivata in auto circa un'ora e venti dopo.
Da
una rapida indagine personale, comunque, ho arguito che queste
attenzioni fobiche colpiscono su per giù tutti, anche persone
insospettabili. Tipo la Cri. «Uh, che bell'anello hai! Posso
provarlo?». Me lo tolgo, glielo porgo. E la vedo con nonchalance
cercare di farsi scudo con una mano e soffiare sul mio anello che
teneva con l'altra (il fine ultimo, mi è stato spiegato, è quello
di spazzare via le negatività che l'anello imprigiona). Penso di
aver riso mezz'ora.
Ho
riso un po' meno invece nell'estate del 1998 quando vengo
ricoverata d'urgenza. Calabria. Vacanza al mare con mamma e
papà, tutto procede bene quando un bel giorno avverto un leggero
fastidio a un occhio, niente di che. Vado in farmacia per acquistare
un blando collirio quando l'ometto al di là del bancone (che, giusto
per inciso, vantava una laurea in oftalmologia, mica cotiche!)
mi dice: «Sei bella arrossata. Guarda ti do questo, dieci gocce in
entrambi gli occhi ogni ora e domani sei come nuova».
Dopo
tre ore papà Walter mi stava portando a velocità folle al primo
Pronto Soccorso in preda a dolori inauditi: forse il dottorino dei
miei stivali ignorava che il suo collirio contenesse cortisone,
cortisone che mi ha ustionato le cornee.
Quella
è stata l'unica occasione, nella mia pluridecennale esperienza di
donna tatuata, in cui ho rimpianto di averne uno. Già... perché i
medici (i medici!!!) hanno visto il disegno sul mio polso,
hanno osservato la condizione penosa dei miei occhi e mi hanno
bollata come indemoniata (e siamo nel 1998). Infatti
quell'estate andava di moda, nella zona, trastullarsi guardando il
sole: tale pratica causava un'ustione che consentiva però di entrare
in una specie di setta, non prima di venire tatuati, segno distintivo
di quegli intelligenti adepti (ma voi avete presente quanto male fa
avere un'ustione agli occhi?).
Quando
si dice trovarsi al posto giusto nel momento giusto!
E trattando questa
tematica, non posso non raccontarvi un aneddoto davvero singolare (e
che spiega anche il perché dell'articolo tra parentesi nel titolo al
post). Frequentavo, tempo fa, una ragazza (tranquilla cara... non
dirò il tuo nome!) che aveva una strana fissazione: per
scongiurare influenze negative di vario tipo, lei... tradiva! Il
ragionamento era pressapoco questo: tutte le volte che era stata
fedele, presto o tardi aveva sempre sorpreso il suo partner con
un'altra e quindi lei aveva optato per le “corna preventive”,
trasformandosi in una fedifraga seriale.
Mi risulta comunque che
il povero Sbàm (ok, lo confesso... sono stata io a
ribattezzarlo così, ma mi sembrava una parola onomatopeica
sufficientemente adatta a rendere il suono che le sue invisibili ma
enormi corna producevano appena entrava in una stanza) deve averla
lasciata non appena gli è giunta all'orecchio la genesi di quel
soprannome.
L'INSEPARABILE CORNINO ROSSO! |
Io, senza saper né
leggere né scrivere, il cornino rosso (cadeaux da Napoli
della mia devota suocera... perché voi lo sapete, vero, che per
avere un valore apotropaico il suddetto cornino ve lo dovete far
regalare e non acquistarlo voi direttamente?) me lo porto sempre
dietro.
D'altronde «la
iella colpisce come una punizione di Zico: arriva ad effetto
all'improvviso!», lo diceva anche il mitico Lino Banfi in
“Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio” (e mi faccio i
complimenti da sola per questa dotta citazione!).