In
queste settimane zappingando, telecomando alla mano, da un canale
all'altro oppure sfogliando qualche tipico settimanale femminile o
curiosando nella rete non si fa altro che leggere dritte su come fare
in casa ghirlande e addobbi, su quali siano i regali più
intelligenti ed azzeccati, su cosa cucinare a Natale, su come
apparecchiare la tavola per il 25 dicembre et
similia,
tutte dissertazione che mi
sfiniscono di noia.
Dotata
di una manualità imbarazzante, di cimentarmi a creare decorazioni,
segnaposti e centrotavola personalizzati non ci penso nemmeno essendo
io, in questo genere di attività, notoriamente una zappa,
direi che, dopo essermi assicurata, per quanto riguarda il menù, la
preparazione dei miei due pezzi forte (l'arrosto e la crema per il
panettone, vantando il possesso di due ricette segretissime e che
riscuotono sempre un immarcescibile successo... roba che in queste
due specialità nemmeno la Benedetta nazionale riuscirebbe a
eguagliarmi), delegata l'operazione “imbandimento tavola”
all'estro fantasioso di mother Angel (che ha un'abilità innata a
trasformare uno spartano desco in un elegante ensemble di porcellane,
fiori, candele e nastrini di raso), posso dedicarmi a ciò che amo di
più: concentrarmi sui regali, studiati uno ad uno in base ai
vari destinatari, per un effetto sorpresa assicurato.
Ergo:
detesto quelli che il 24 dicembre al pomeriggio si fiondano nel primo
negozio che incontrano e si fanno incartare un cadeau “ad minchiam”
(per usare un termine, coniato da Tetosocio, particolarmente
calzante), convinti pure di fare bella figura.
Un
regalo deve avere una storia,
parlare
di te,
saper
donare un'emozione
(e per riuscirci, non serve sputtanarsi la tredicesima!), mica deve
esaurirsi tutto in un compulsivo spacchettamento e conseguente «Oh,
che bello!», un po' farlocco e di circostanza.
Per
questo da buona Poirot in gonnella, parto per tempo e già ad ottobre
inizio a investigare sui desiderata
delle persone a me più care. Certo, purtroppo anche nella mia lista
ce ne sono alcune alle quali preferirei regalare un'opera di Pietro
Manzoni (avete presente quelle scatolette di latta contenenti feci e
passate alla storia come “Artist's
shit”?)
piuttosto che sbattermi a cercare il classico pensierino di
circostanza, ma per fortuna negli anni sono sensibilmente diminuite.
Che
poi, da vera leopardiana inside, sono convinta che il bello
stia proprio nella magica attesa del giorno di festa più che nella
domenica in sé, per dirla con la metafora del Sabato del
villaggio.
Ed
ora, immaginate di avere un'adeguata colonna sonora in sottofondo
(tipo la canzone degli Elio e le Storie Tese di cui al titolo),
annusate nell'aria l'inconfondibile profumo di panettone e vin brulè,
figuratevi la Betta e Teto in abiti natalizi e allora li sentirete
anche urlare a squarciagola:
AUGURI,
CASSONETTARI!!!
E' Natale, Gesù è nato, tanti auguri dalla Betta, dal suo cagnone e... |
da Tetosocio debitamente agghindato! (AVETE RICONOSCIUTO LA CANZONCINA DI FANTOZZI, VERO?) |
E
poteva mancare un'arguta riflessione sul Natale
da
parte del mio insostituibile socio Teto?
Ci
voleva la sua ben nota maestria esplicativa
per
sensibilizzarci su un problema
sociale
troppo
spesso trascurato...
Anzitutto
va detto che non se ne può più di quelle sagome rosse e bianche
appese ai balconi in ogni dove. Ho seriamente pensato di affiliarmi
al C.L.N.(G),
Comitato di Liberazione Nani da Giardino, meritoria associazione che
si preoccupa di prelevare le statuette di nani da giardino presso le
abitazioni private, per dare loro una più naturale e libera
collocazione nei boschi. Volevo proporre loro una associazione
gemella che si occupasse di tirare di fionda a 'sti orribili e goffi
pupazzi penzolanti che ammorbano il tempo natalizio.
Oltre
a questo, non ho in simpatia il borioso panzone biancobarbuto per
altri motivi.
Pe
prima cosa la versione odierna è frutto di una campagna
pubblicitaria creata da una nota multinazionale negli anni '50, cosa
che lo rende ancor oggi ostacolo di ogni abbruttimento da parte di
pubblicitari monomaniaci, che lo vestono, lo declinano e ce lo
propinano in ogni salsa (compresa, ovvio, quella della babanatala
sexy in guepiere rosso fuoco).
L'altro
elemento è che la versione taroccata di San Nicola crea un sacco di
problemi con i figli. Bisogna dire loro che esiste o che non esiste?
E quando, a che età, si può dire che non esiste? E come fare a
spiegare al proprio figlio che non ci sono soldi per comprare il
superlegotechnoultramega da 200 euro a scatola, mentre il piccolo,
con l'aria più innocente del mondo ti dice «tanto me lo porta Babbo
Natale». Tu ti senti un poveraccio, vai a impegnarti al monte di
pietà l'oro di famiglia per pagare l'agognato regalo e la bella
figura la fa il lappone che vola sui tetti con le renne.
Bell'affare.
Questo
mito ridicolo, di un vecchio ciccione che porta, contemporaneamente,
in tutto il mondo, a tutti i bambini i regali, comporta una ulteriore
conseguenza: obbliga papà-nonni-zii a travestirsi, mimetizzando la
voce, per consegnare i regali ai figli.
I
figli non sono scemi, ti beccano e ti costringono ad
arzigogolatissime spiegazioni per motivare la sostituzione.
Per
questo, per protesta, compongo con grande amore il Presepe.
E adoro Gesù
Bambino.